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Pagare il giusto è un diritto stabilito per legge



Cosa vuol dire pagare il giusto? Una volta che si prende atto che nel nostro ordinamento giuridico non esiste un principio che sancisca l’obbligatorietà per gli enti locali di fornire gratuitamente i servizi socioassistenziali e sociosanitari alle persone con disabilità, I COMUNI POSSONO LEGITTIMAMENTE CHIEDERE AGLI UTENTI UN CONTRIBUTO DI PARTECIPAZIONE AL COSTO DEI SERVIZI.
Tale costo, però, deve essere simbolico o sostenibile, cioè improntato ai seguenti criteri:
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  • calibrato sulla situazione economica degli assistiti;
  • finalizzato a non penalizzare ulteriormente il disagio in cui vivono le loro famiglie;
  • considerato strumento di politica sociale e non di sostegno alle casse comunali.

Che cosa succede nella realtà? Molti enti locali applicano nella definizione dei costi addebitabili alle famiglie criteri poco trasparenti e disomogenei: si va dalla totale gratuità alla richiesta del 100% del costo.
Considerevoli sono a tutt’oggi le lamentele di molti utenti che si rivolgono al Servizio Legale della Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) per evidenziare manifesti provvedimenti di illegittimità assunti nei loro confronti. Le segnalazioni più numerose riguardano la mancata applicazione da parte di molti Comuni del principio di riferimento alla sola situazione economica del disabile grave (art. 3 Decreto Legislativo 130/2000).
In Lombardia la situazione è resa più complessa per l’assenza di un regolamento regionale che limiti le autonomie locali. Accade pertanto che famiglie della medesima condizione sociale, pur frequentando degli stessi servizi per persone disabili, siamo chiamate a corrispondere somme differenti, a seconda del comune in cui risiedono.
Un’altra situazione pregiudizievole per le famiglie è la consuetudine, da parte di alcuni enti locali, di chiedere il pagamento delle rette ai parenti del beneficiario del servizio, qualora questi non sia in grado di adempirvi da solo. (istanza motivata dall’obbligo agli alimenti).
La richiesta di contributo avanzata ai parenti dal Comune è illegittima, in quanto esplicitamente vietata dall’art. 2 comma 6 del Decreto Legislativo 109/1998.
Le Associazioni Anffas presenti in Lombardia, unitamente all’Associazione Regionale e alla Ledha, sono impegnate da tempo ad individuare con i Comuni, i Distretti e la Regione percorsi utili per risolvere il nodo della partecipazione alla spesa delle persone con disabilità.
La stessa Regione Lombardia ha recepito il bisogno di prendere in esame questo tema annoso e lo ha inserito tra gli obiettivi della L.R. n. 3 del 2008 (art.8) e in modo più incisivo attraverso il D.G.R. 8551 del 3 dicembre 2008 – punto 4 comma a, secondo il quale nella programmazione dei Piani di Zona 2009/2011 sarà esaminato il capitolo “partecipazione alla spesa da parte dei cittadini di uno stesso territorio”, con l’obiettivo di “assicurare regole di accesso ai servizi chiare ed omogenee per i comuni del Distretto, superando le differenze tra i diversi Comuni”.
Nel frattempo prendiamo atto che molte famiglie, in Lombardia e altrove, hanno inoltrato e continuano ad inoltrare ricorsi ai Tribunali amministrativi competenti nel loro territorio, perché siano rispettati e affermati i propri diritti . Numerosi sono ormai i pronunciamenti emessi che hanno dichiarato illegittimi i regolamenti comunali impugnati dai cittadini.

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ultimo aggiornamento: 31.07.2011
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